Compro oro in crisi: fatturato dimezzato, un terzo dei negozi chiude.
Pubblicato: 22/03/2014 16:39:33I Compro oro sono tanti, ancora troppi, ma con un compito quasi nodale per un Paese che negli ultimi anni ha scoperto di essere diventato un forte esportatore di metallo giallo. Le stime sul numero degli esercizi oscillano, data la mancanza di un registro ufficiale, ma nel tempo sono assurti a un ruolo sussidiario fondamentale, all'interno dell'industria aurifera italiana, dando un grosso contributo all'accelerazione dell'export. Una chiave di lettura, in questo senso, l'ha fornita un recente report presentato da Unioncamere alla commissione Industria del Senato, nel corso dell'audizione sui disegni di legge riguardanti il Mercato dell'oro e dei materiali gemmologici.
In base ai dati Eurispes 2013 riportati da Unioncamere, infatti, nell'anno il 28% degli italiani hanno ceduto almeno un monile ai Compro Oro: circa 17 milioni di persone. Certo è che le esportazioni sono passate dalle 40 tonnellate del 2008 alle 193,7 del 2012: un aumento del 385% per un valore che, seguendo anche la curva ascendente del valore del metallo giallo nello stesso periodo, è passato da 751 milioni di euro a 7.827 milioni di euro del 2012: +942 per cento.
Se negli ultimi anni il boom aveva contribuito fortemente allo sviluppo di tutta una serie di attività criminose per cui i Compro oro avevano rivelato di essere terreno fertile, in primis il riciclaggio di denaro sporco, oggi questi discussi esercizi commerciali devono fare i conti anche con un calo crescente, che da alcuni è percepito come una crisi del fenomeno, mentre i più ottimisti lo considerano un semplice "assestamento".
Fatto sta che in base ai dati forniti da Antico (Associazione nazionale tutela i compro oro) continua a diminuire il numero degli esercenti, che a inizio 2013 erano circa 35mila (gioiellerie incluse) e oggi sono circa 23mila su tutto il territorio. A questo si affianca anche una diminuzione del fatturato medio, che nel periodo del boom, ossia tra il 2011 e il 2012, raggiungeva anche 550-600mila euro l'anno, adesso si parla di un volume d'affari tra le 250 e le 300mila euro. «Si tratta di un profitto che copre almeno il salario direzionale e gli interessi di computo – afferma Nunzio Ragno, presidente di Antico –, significa che c'è ancora l'economicità di fare azienda ma non si straguadagna più come prima».
Cambia anche il target di chi si rivolge a queste attività, mentre in passato si trattava di persone che vivevano in condizioni disagiate, dall'anziano con la pensione minima allo studente che non arrivava a fine mese, adesso la tipologia è quella del soggetto che vuole effettivamente dismettere l'oro. «Il metallo non è finito, ce n'è tanto, il problema è la "detenzione", al momento chi ce l'ha ha meno esigenza di vendere o non ha posto l'attenzione su questa eventualità», afferma Ragno e sottolinea che si sta moltiplicano un altro fenomeno: quello di chi vuole "rifilare" delle fregature ai Compro oro, portando in vendita oggetti falsi «ogni giorno riceviamo telefonate che denunciano questo nuova tendenza». Anche Andrea Zironi, presidente di Anopo (Associazione nazionale operatori professionali in oro), conferma i dati di Antico relativamente al fatturato, che «adesso non va oltre i 250mila euro annui». Un limbo, insomma, in cui cambia non solo il modo di fare attività ma anche il soggetto tipo che ricorre al Compro oro. «Vende chi ha in casa oggetti vecchi ma non ha necessità di dismetterli. Magari l'aumento dei furti in appartamento in alcuni casi può fungere da stimolo a vendere prima che qualcuno possa impossessarsene illecitamente. Ma niente di più».