Oro ai minimi degli ultimi cinque anni per dollaro forte e riserve cinesi dimezzate
Pubblicato: 22/07/2015 10:30:55L’oro conferma la debolezza di fondo anche in questo inizio di settimana: zavorrato dalle crescenti aspettative di un aumento dei tassi di interesse statunitensi e dal fatto che le riserve auree cinesi, come ha annunciato la Banca popolare, si sono rivelate la metà di quanto atteso. Così, tra dollaro forte (che rende più caro l’acquisto del metallo giallo) e crisi della domanda (non solo istituzionale), stamani i prezzi dell’oro hanno toccato il livello più basso degli ultimi cinque anni: 1.073,67 dollari/oncia.
La Banca centrale cinese, nel suo primo aggiornamento in oltre sei anni, ha reso noto venerdì che le proprie riserve auree ammontavano a 53,32 milioni di once troy, sì in aumento del 57% rispetto alla fine del 2009 ma sotto di circa la metà di quanto stimato dagli osservatori. Da tenere in considerazione che la Cina, nel frattempo, è diventata uno dei maggiori acquirenti di metallo giallo al mondo.
La prospettiva di stretta Fed e meno liquidità in Cina
La pressione sui prezzi è stata avvertita già sulle piazze asiatiche, confermando l’ipotesi degli esperti secondo cui avrebbe iniziato ad alleggerire le posizioni in oro un grande fondo. La successiva rottura in sequenza di importanti livelli di sostegno avrebbe poi attivato l'ondata delle vendite. La notizia sulle riserve auree cinesi ha quindi contribuito a mettere all'angolo il mercato, già condizionato in negativo dall'attesa stretta creditizia da parte della Fed che – secondo il suo presidente, Janet Yellen – arriverà entro quest'anno (forse già a settembre). Una prospettiva che rende meno conveniente gli investimenti denominati nel biglietto verde e che è stata esacerbata dall’attuale cattivo momento dell'azionario cinese, per altro accompagnato dalla debolezza dello yuan (sceso ai minimi degli ultimi quasi due mesi sul dollaro). Le massicce perdite accusate su questo fronte infatti hanno reso gli investitori meno liquidi verso potenziali acquisti in oro che, nel frattempo, è diventato sia meno conveniente da tenere in portafoglio sia più esposto a realizzi (visto che viene da un rally di lungo periodo).
Poche chance di rimbalzo. Via incertezze come Iran e Grecia
Da qualsiasi punto lo si guardi il mercato del metallo giallo, secondo la maggior parte degli analisti, non presenta allo stato attuale alcun motivo per comprare. Nel frattempo sono venuti a mancare anche alcuni punti di incertezza nevralgici per le strategie conservative: la soluzione della crisi della Grecia e l'accordo sul nucleare tra Iran e Paesi occidentali. Difficilmente quindi l'oro potrà tornare sopra 1.150 dollari nel breve-medio periodo visto che, aggiungono, il mercato tornerà a vedere nuove strategie rialziste solo dopo la mossa della Fed. Molti infatti gli esperti che indicano una discesa almeno fino a 1.050 dollari, come media, nell'arco dei prossimi dodici mesi. A meno che un eventuale crollo verticale dei prezzi, come è avvenuto in passato, inneschi di nuovo gli acquisti al dettaglio di Cina e India, ovvero due mercati che da soli coprono la metà della domanda mondiale. E all’orizzonte si avvertono minacce di scioperi da parte dei minatori del Sud Africa (anche se la sua offerta di oro oggi non raggiunge il 15% del totale mondiale). Una eventuale correzione dei prezzi sotto la soglia dei 1.100 dollari potrebbe comunque non essere sostenibile da parte dei produttori e di fatto, secondo gli esperti di Barclays, potrebbe intervenire una riduzione dell'attività mineraria.