Materie prime, dopo il boom dello scorso decennio ora si teme il «superciclo» negativo

Pubblicato: 22/07/2015 10:32:37

Per qualcuno il «superciclo» delle materie prime era già finito da tempo, almeno dal 2011. Ma anche gli irriducibili - che fino a poco tempo fa si ostinavano a parlare di una semplice pausa o di una correzione del mercato - adesso si stanno convincendo che bisognerà probabilmente aspettare degli anni prima di assistere ad un nuovo rally.

Il Bloomberg Commodity Index, che ricalca l’andamento di un paniere di 22 prodotti quotati, dall’oro al petrolio ai cereali, lunedì è crollato ai minimi dal 2002, l’anno in cui molti analisti collocano l’avvio dell’età d’oro delle delle materie prime: un periodo in cui le quotazioni sono salite in modo vertiginoso, raggiungendo livelli da record storico (spesso anche in termini reali). Il rally si era dimostrato così spettacolare da spingere alcuni analisti a prevedere che non ci sarebbe mai più stata una vera e propria inversione di tendenza. La Cina e altri Paesi emergenti avrebbero continuato ad alimentare il proprio sviluppo con quantità crescenti di materie prime, garantendo una domanda così forte da essere difficilmente soddisfatta se non ad alto prezzo: scavando miniere e giacimenti nei luoghi più improbabili o gonfiando i raccolti agricoli con l’uso massiccio di fertilizzanti, irrigazione artificiale, costose sementi Ogm.

Il rischio di ritrovarsi nel futuro in una situazione del genere non è scongiurato. Ma decisamente non è ancora il momento: non solo le materie prime non scarseggiano, ma per molte di esse l’offerta supera abbondantemente il fabbisogno. È il caso del petrolio, di cui - anche grazie all’inatteso sviluppo dello shale oil negli Usa - viene estratto ogni giorno almeno un milione di barili in più di quanto il mondo non riesca a consumare. Ancora più impressionante è l’eccesso di offerta che zavorra i prezzi del minerale di ferro e del carbone, entrambi ai minimi da una decina d’anni. Ci sono inoltre quantità eccessive anche di diversi metalli industriali, primo tra tutti l’alluminio, e scorte immense di molti prodotti agricoli. A trascinare in ribasso il Bloomberg Commodities Index sono stati non solo il greggio, che scambia a prezzi dimezzati rispetto all’anno scorso, e l’oro, appena crollato ai minimi da 5 anni, ma anche il rame, che quota vicino ai livelli del 2009, lo zucchero, che da quattro anni non smette di deprezzarsi, i cereali, di cui sono state accumulate scorte immense.

Il «superciclo» delle materie prime ha provocato la più classica (e logica) reazione di mercato: ha stimolato a investire per sviluppare la produzione, un processo che richiede parecchi anni nel caso di miniere e giacimenti, ma adesso i risultati sono visibili. Purtroppo il momento non è dei migliori: non solo la voracità della Cina, che aveva fatto da traino alla domanda globale, si sta spegnendo, ma la Federal Reserve si appresta per la prima volta dal 2006 ad una stretta monetaria. Il dollaro già da tempo ha cominciato a correre, penalizzando gli investimenti in materie prime (che sono quotate nella divisa Usa) e ritardando i tagli di produzione necessari a riallineare l’offerta con la domanda, perché in molti Paesi i costi produttivi si sono alleggeriti insieme al cambio della valuta locale. Nel frattempo gli investitori - che, in cerca di rendimenti, si erano buttati in massa anche sulle materie prime - sono già migrati verso altri mercati, a cominciare da quelli azionari, che continuano a macinare record. E la risalita dei tassi di interesse Usa non li alletterà a tornare indietro.