Banche sotto la lente: a rischio il possesso di stoccaggi e raffinerie
Pubblicato: 24/07/2013 17:32:17Con una serie di iniziative che segnano un'improvvisa accelerazione rispetto al laissez-faire degli ultimi anni, il governo statunitense ha deciso di affrontare il tema sempre più spinoso del controllo dei mercati fisici delle materie prime da parte delle banche. Un attivismo che rischia di mettere in seria difficoltà colossi del calibro di Goldman Sachs, Jp Morgan e Morgan Stanley, che oltre a muovere ingenti somme di denaro sui mercati regolamentati dei futures, sono attive nei derivati over-the-counter, nel commercio fisico di commodities e nella gestione di infrastrutture chiave come stoccaggi di metalli e petrolio, caveu per la custodia di lingotti d'oro, centrali elettriche, raffinerie e persino miniere.
Ad aprire le danze è stata la Federal Reserve, annunciando in modo del tutto inatteso che è impegnata a «rivedere la decisione del 2003 secondo cui alcune attività nelle materie prime sono complementari alle attività finanziarie e che dunque possono essere permesse alle holding bancarie». L'affermazione si riferisce alle diverse esenzioni rispetto alla legge, concesse tra il 2003 e il 2008, e che hanno permesso a un certo numero di banche di essere presenti contemporaneamente sui mercati fisici e finanziari delle materie prime. Un cambio di orientamento da parte della Fed avrebbe conseguenze molto rilevanti, che si sommerebbero alle maggiori rigidità imposte nel trading di materie prime dalla riforma Dodd-Frank dei mercati finanziari.
Sul possesso di infrastrutture legate alle commodities il dibattito politico si è ulteriormente surriscaldato ieri, durante un'audizione alla Commissione banche del Senato Usa, in cui è balzato in primo piano il potenziale conflitto di interesse – denunciato ormai da anni dagli utilizzatori di metalli – che sorge dal possesso di magazzini del London Metal Exchange da parte di società controllate da grandi banche. Alcuni stoccaggi sono così pieni che per ritirare alluminio o altri metalli occorre aspettare oltre un anno, pagando nel frattempo i costi di stoccaggio, nonché premi elevatissimi, in aggiunta alla quotazione Lme, per acquistare merce sul mercato fisico: una situazione di carenza artificiale, che si sospetta essere stata provocata ad arte, e che l'anno scorso è costata ben 3 miliardi di dollari di spese extra agli utilizzatori di alluminio, ha denunciato in Senato un dirigente di MillerCoors, il secondo produttore di birra degli Usa. «L'alluminio che noi compriamo – ha dichiarato senza mezzi termini Tim Weiner, global risk manager della società – è sequestrato in magazzini controllati e posseduti da grandi holding bancarie americane».
Per la prima volta in assoluto è arrivata, attraverso un comunicato stampa, una replica da Goldman Sachs, proprietaria dal 2010 della Metro International, licenziataria di numerosi magazzini Lme (nello stesso anno Jp Morgan ha rilevato la Henry Bath). I media, sostiene Goldman, «hanno scorrettamente accusato Metro di aver causato deliberatamente carenze di alluminio e hanno scorrettamente affermato che Metro trasferisce l'alluminio da un magazzino all'altro per lucrare sulle tariffe di stoccaggio». Sono i possessori del metallo che ordinano di spostarlo, precisa la banca, che rivendica inoltre «l'importante ruolo svolto dalle società di stoccaggio durante la crisi finanziaria», quando hanno permesso ai produttori di metallo di reagire rapidamente al brusco calo della domanda dei clienti.
Con il passaggio della proprietà alla Hong Kong Exchanges & Clearing, il London Metal Exchange si è finalmente impegnato ad adottare misure più severe per risolvere il problema dei magazzini (si veda Il Sole 24 Ore del 16 luglio). Le autorità Usa sembrano tuttavia orientate ad agire in modo ancora più radicale. Secondo indiscrezioni di stampa, la Commodity Trading Commission (Cftc) ha inviato una lettera alle società proprietarie di magazzini Lme per invitarle a custodire ogni documento relativo a incentivi pagati per attrarre clienti, flussi di merce da e verso gli stoccaggi, procedure di consegna ed eventuali reclami: una mossa che viene giudicata come preliminare all'avvio di una vera e propria inchiesta.