La Siria, l’oro e la crisi d’emergenza del denaro

Pubblicato: 05/09/2013 18:38:36

Ci si è sorpresi la scorsa settimana nel vedere che non sono state effettuate vendite nei settori di oro e argento. Allo stesso modo, nella piattaforma BullionVault, gli acquirenti sono stati di più, e le aperture di nuovi account è stata la più alta da aprile.

Dalla grande caduta di aprile, l’argento ha recuperato circa il 38% (il massimo della scorsa settimana). Non aveva registrato un rialzo così grande dal settembre dello scorso anno. L’oro, anche se ha registrato movimenti minori, ha comunque guadagnato il 20% dal minimo dello scorso giugno.

Ciononostante, con due mesi interi di rialzi, le agenzie di stampa e gli analisti non hanno smesso di ribadire che la ragione di questo rialzo è una sola: la situazione in Siria. E ciò, se fosse corretto, sarebbe un segnale molto negativo.

Bisogna pensare in un contesto più grande. Ad esempio, settembre marca il quinto anniversario della caduta di Lehman Brothers. O, come molti altri lo vogliono far passare, cinque anni fa è esplosa la crisi finanziaria. Ma ciò che questi media dimenticano è che lo stato di emergenza permanente in cui ci troviamo è cominciato molto prima, quando i politici e le banche centrali hanno finalmente aperto gli occhi sul disastro che stavano ignorando (nonostante avessero contribuito a crearlo) e poi hanno deciso di distruggere il denaro con la speranza di salvare il sistema. Ma Northern Rock era già caduta nel Regno Unito un anno prima, l’esplosione della bolla immobiliare negli Stati Uniti si stava creando nel dicembre 2006 e la “crisi”, o la svolta decisiva verso un futuro di instabilità politica venisse deciso, era cominciata molto tempo prima.

Il caso Lehman Brothers non è stato l’inizio, ma una conseguenza di un qualcosa che era già cominciata. Il “denaro facile” stava già preparando il terreno cinque anni prima che i media ne parlassero, e solo quando le grandi banche hanno sofferto i maggiori colpi della storia hanno cominciato ad occuparsene. Colo i quali, col rischio di essere considerati lunatici, acquistavano oro e argento man mano che i problemi diventavano sempre più grandi, sono stati in realtà i più furbi e non si stancano di ribadirlo.

Tornando al presente e all’attuale crisi in Siria, è vero, le instabilità geopolitiche possono contribuire a dar supporto ai prezzi di oro e argento in momenti di stress estremo. E’ il caso dell’invasione sovietica in Afghanistan nel 1979. Al contrario, gli investitori occidentali tendono ad ignorare i problemi all’estero.

Ad esempio, ricordiamo l’invasione dell’Ossezia del Sud nel’estate 2008, durante cui il prezzo dell’oro non ha reagito e ha continuato a cadere ai massimi di allora, man mano che il collasso del credito ha assorbito l’aria del mercato dei futures sull’oro prima di distruggere il surreale bilancio generale della Lehman Brothers.

Il caso della Siria è un po’ diverso. La sua rete di amici, alleanze e nemici dei nemici è rischiosa quasi quanto le sue frontiere con Turchia ed Israele. La spinta dell’occidente verso un’azione arriva quando i responsabili politici sono tornati dalle vacanze, con in valigia libri sulla Prima Guerra Mondiale, per conoscerne i dettagli prima della celebrazione dei suoi 100 anni.

Politicamente non si è potuto evitare nulla sul disastro della Prima Guerra Mondiale. A livello economico, ha fatto sì che i metalli preziosi fossero troppo costosi per essere utilizzati come denaro. Ma molte altre tendenze monetarie erano state avviate prima che l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este fosse assassinato a Sarajevo. Lo stato di benessere e l’amministrazione bancaria statale necessaria ad ottenerlo facevano del “denaro duro” (attivi tangibili) qualcosa di impossibile.

Quasi 100 anni dopo, nel settembre 2013, vengono celebrati due anni dal massimo storico dell’oro. I 1920 dollari l’oncia sono davvero così lontani e così vicini?
Oggi l’oro viene quotato ad un 25% al di sotto di questo massimo, che è sicuramente un miglior risultato rispetto al meno 40% registrato a giugno di quest’anno. Ma ci obbliga a mettere questo recupero estivo nel contesto.

Perché è stato raggiunto quel massimo e perché oggi l’oro viene quotato ben al di sotto di esso? In poche parole, per colpa della crisi. O meglio ancora, per via della mancanza di essa. Nell’estate 2011 è avvenuto il collasso del debito greco, che si è diffuso in Europa dando segnali di allarme per il resto dei paesi della zona euro. A ciò si è sommato il ribasso del rating degli Stati Uniti e, assieme, sono stati responsabili dell’eliminazione di espressioni tipo “libero da rischi” dalle valute di riserva mondiali, impostando una spirale di perdite nelle borse di tutto il mondo. Inoltre, sempre nel 2011, varie città dell’Inghilterra hanno vissuto episodi di vandalismo massivo. I media hanno diffuso queste notizie, alternandole con notizie sulla crisi finanziaria.

Tale stress sociale è fortunatamente raro. Uno stress di questo tipo a livello di investimento è ancora più raro. Fra la fine di giugno e settembre 2011, il prezzo dell’oro è salito del 29%, saltando dai 1480 dollari l’oncia fino al massimo di 1920 dollari. Stranamente, l’oro ha vissuto un percorso simile quest’estate.

L’oro è saltato dai minimi di giugno di 1182 dollari l’oncia fino a recuperare un 20%. Ma dopo la “crisi finanziaria” del 2007-2009, è arrivata la “crisi del debito sovrano” del 2010-2012. E, ovviamente, i problemi non vengono mai da soli.

La recente corsa al rialzo dell’oro forse sta avvisando che la crisi geopolitica attuale potrebbe essere molto acuta. Senza dubbio, qualcosa di molto brutto sta avvenendo in Siria.